mercoledì 10 febbraio 2010

I conti non tornano

Ogni giorno non faccio altro che pensare a quanto sia stato alto il prezzo della mia dignità.
Mi chiedo se ho sbagliato non cedendo ai grossolani ricatti mafiosi volti a umiliare la mia dignità umana e professionale.
Mi domando se ho fatto bene a non accettare di prostituire la mia esperienza e a difendere il diritto di guadagnare il giusto, di pretendere uno scambio equo fra creatività e compenso.
In un mondo nel quale la dignità, la discrezione, la sobrietà e, se vogliamo, l'onore e la reputazione, sembrano non avere alcun valore, a cosa è servito il mio rifiuto di essere comprato come una latta di pomodori? (a proposito di pelati).
Credevo che il mio comportamento sarebbe stato utile anche agli altri: come esempio di rettitudine, come incoraggiamento alla ribellione verso questi tempi bui. Oggi i lavoratori sono meno che niente e, come cinquant'anni fa, il mondo è fatto solo per chi può permetterselo.
Invece di incassare solidarietà, ho ricevuto indifferenza, fredda cortesia e, a volte, fastidio.
Ho anche capito che internet è sì una frontiera di libertà (finché dura), ma è anche un mondo fatto di solitudine, di egoismo, di vacuità, di superficialità.
Non c'è che dire, questa volta ho davvero sbagliato i miei conti.

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