lunedì 22 febbraio 2010

Cicala o formica?

Forse ho sbagliato qualcosa nell'educazione dei miei figli. Forse ho peccato di ottimismo.
Ho sempre pensato: "Che cazzo! Finché sarà possibile, togliamoci qualche soddisfazione e, quando non potremo più farlo, pazienza, vorrà dire che ci adatteremo".
Così, a natale, i regali sono sempre stati abbondanti per tutti; in vacanza, andare al ristorante non è mai stato un problema e, qualche regalino fuori programma ai bambini, era un piacere che mi concedevo spesso.
Non mi pento di averlo fatto, e non penso che tutto questo abbia viziato i miei figli, perché non è vero. Sono sempre stati meravigliosi, a prescindere da ciò che ricevevano o ciò che facevamo.
I nostri rapporti sono indescrivibili e non cambierei per niente al mondo il piacere di far ridere con qualche battuta divertente il più grande, oppure di tenere accoccolata accanto a me nel lettone la più piccola prima che si prepari per andare a scuola.
Mi domando invece se fosse stato meglio abituarli alle privazioni a cui, se la situazione non cambierà, dovranno abituarsi.
Non immaginavo proprio che il momento di doversi adattare sarebbe arrivato davvero. E poi, questo "godiamocela" non era nemmeno chissà cosa: un paio di settimane in Liguria a natale e pasqua, un mese in appartamento nelle Marche in agosto, qualche regalo ai bambini, qualche libro, film e cd, e qualche euro in più per la spesa.
In vent'anni abbiamo cambiato solo due automobili. La prima era una Nissan Micra e, quando non è più bastata per tutta la famiglia, dopo tredici anni di servizio, è stata sostituita da una Renault Mégane.
Niente di che, insomma. Ci siamo sempre saputi accontentare, felici di ciò che abbiamo guadagnato col nostro lavoro, pagando fino all'ultimo centesimo di tasse.
Ora siamo entrati nell'ordine di idee che finiremo col fare qualunque mestiere (ho sempre avuto il debole del portiere di notte), ma il problema è che nessuno assumerà mai un quasi cinquantenne ciccione e iperteso.

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