mercoledì 29 dicembre 2010

Mah...

Non è il momento di tirare le somme, e tanto meno ne ho l’intenzione. Sta di fatto però che è passato quasi un anno dal rovescio lavorativo e di nuove propettive non ne vedo nemmeno l’ombra. 
Un anno di blog, migliaia di mail per la ricerca di nuovi clienti, telefonate in ogni parte d’Italia, decine di preventivi finiti prima ancora di cominciare, colloqui inutili in partenza, un discreto aumento della pressione sanguigna sia mia che di mia moglie. 
Un anno vissuto con periodi di incosciente felicità famigliare, misti ad altri fatti del più profondo pessimismo cosmico.
La crisi è nera, non c’è dubbio, ma la grafica esiste ancora, i giornali, specialmente di settore, non prosperano è vero, ma ci avete fatto caso a quante migliaia di testate specialistiche esistono in italia? Dall’organo dei produttori di fischietti per arbitri, al giornale di categoria dei pescatori di frodo, ogni realtà, anche minima, ha la sua rappresentazione cartacea, eppure non siamo riusciti a spuntare nemmeno uno schifo di lavoro. 
O meglio, solo un catalogo al quale ho lavorato oltre due mesi e qualche piccola brochure per una testata regionale che, in tutto, hanno fruttato quattromila euro lordi scarsi.
Così non è possibile vivere, e non è possibile nemmeno contare sulla pensione di mia madre che, in cambio, vorrebbe l’anima e chissà cos’altro.
Questo blog mi ha aiutato a sfogare la rabbia e il pessimismo dei primi momenti, a condividere speranze poi svanite, velleità sfumate e mali comuni, ma ora mi sembra solo un esercizio inutile e autoreferenziale. Non lo abbandonerò, perché sono un testardo e ho deciso che oltre alla discesa dovrà raccontare, prima o poi, la risalita, per far comprendere ai miei figli che pure le cose brutte devono avere una fine, anche se, a differenza del bel libro di Holiday Hall, in questo caso la fine (non) è nota.

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