mercoledì 11 agosto 2010

Come il Titanic

A volte mi sento spaesato. Vedo tutta questa gente intorno a me e mi domando che cosa facciano, quanto guadagnino, se il lavoro va bene o se hanno problemi come me e, soprattutto, come facciano a passare tutto questo tempo in vacanza.
Molti sfruttano gli appartamenti che i genitori hanno acquistato vent’anni fa e che oggi si godono figli e nipoti. 
In fondo al mio cuore un po’ li disprezzo. 
Noi abbiamo sempre pagato di tasca nostra ogni singolo giorno di vacanza: niente cascine ereditate dai vecchi nonni e rivendute, nessun appartamento al mare o in montagna acquistato dai genitori, niente vacanze in comune con i nonni che accudiscono i nipoti, preparano il pranzo, fanno la spesa e lavano la biancheria. Sempre e solo noi e le nostre forze, tutto pagato fino all’ultimo centesimo.
Troppo comodo sfoggiare un costume da bagno ogni giorno diverso, la tintarella che si vede che ci sono voluti almeno due mesi per averla così uniforme, gli asciugamani firmati, le catene d’oro al collo, i bambini sempre in ordine e pulitini. Così non vale, così è troppo facile. E poi vi permettete pure di snobbarmi perché avete l’ombrellone in prima fila, ormai vostro per diritto ereditario, ma pagato da nonni o genitori.
Così mi fate sentire un incosciente che spende gli ultimi soldi del misero patrimonio per divertirmi mentre la nave affonda.
Proprio così, mi sento come l’orchestra del Titanic, che continuava a suonare allegramente mentre la nave andava inesorabilmente incontro al suo destino.

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