giovedì 17 giugno 2010

La storia si ripete

In prima liceo, avevamo un professore di italiano e storia che, a ripensarci adesso, sembrava uno di quei personaggi che si vedono su raistoria quando si parla degli anni settanta.
Fumava gauloise, che si accendeva una dietro l'altra, mentre, stravaccato dietro la cattedra, ci prendeva allegramente per il culo. Vestiva con pantaloni e giacche di velluto sformati, clark ai piedi e barba e baffi come si confaceva a un intellettuale di sinistra.
Amava vantarsi delle sue sbruffonerie consumate tra via Brera e il bar Giamaica insieme, presumo, ai suoi amici pittori, poeti e intellettuali. Come quella volta in cui disse che per scommessa, in pieno inverno, "ho fatto il giro del quartiere a torso nudo sul mio Guzzi Falcone". Sfortunatamente non era uno di quei professori anticonformisti stile Attimo fuggente, ma dava più l'idea del giovane presuntuosello che si riteneva troppo intelligente per perdere tempo con degli sbarbati appena usciti da qualche scuola media di periferia.
In classe, le sue occupazioni preferite erano: fumare, adocchiare qualche ragazza carina e sbeffeggiare attraverso la sua cultura la nostra immaturità. E per fare colpo, lo faceva. M., una ragazza più grande di noi di un anno o due, ci è cascata mani e piedi. Non so come sia finita perché in seconda già non c'era più.
Ma la sua vittima sacrificale preferita ero io. Non so come nacque questo giochetto, forse perché voleva prendermi in castagna, forse perché assomigliavo involontariamente a Simon Le Bon dei Duran Duran, gruppo che io stesso aborrivo e che probabilmente lui odiava. Insomma, un giorno mi interrogò in storia nella maniera più tradizionale possibile, forse per umiliarmi davanti ai compagni, ma casualmente ero preparato e ma la cavai con un sei. La lezione successiva mi interrogò nuovamente, e poi anche la lezione dopo e quella dopo ancora. Ormai era un teatrino al quale entrambi partecipavamo sapendo che quella era la nostra parte e che nessuno dei due avrebbe mollato per primo. Inutile dire che in storia andavo piuttosto bene.
Ma perché tutto questo inutile rivangare il passato? Beh, una ragione secondo me c'è. Sono convinto infatti di essere uno che, spesso e malvolentieri, si ritrova nel mirino.
Per esempio, è vero o no che stiamo vivendo un governo nel quale la lotta all'evasione è pressoché inesistente? È vero o no che il capo di questo governo ha dichiarato più volte che il carico fiscale è così alto che pagare le tasse è immorale? È vero o no che questo e altri governi, dopo aver stragiurato che non ci sarebbero stati più condoni, ne hanno messi in piedi a più non posso?
E allora, com'è che io, miserabile partita iva che nella sua vita lavorativa non si è mai nemmeno lontanamente avvicinato ai centomila euro lordi di fatturato, devo essere continuamente martoriato dallo stato? Mi spiego meglio.
Settembre 1998, ultimi mesi del governo Prodi: ricevo dall'istituto nazionale di statistica un questionario obbligatorio sulle piccole imprese e l'esercizio delle professioni. La mancata compilazione di tale questionario produrrà un controllo automatico sulla mia attività.
Dicembre 2003, secondo governo Berlusconi: ricevo dall'agenzia delle entrate, ufficio studi di settore, un questionario a compilazione obbligatoria volto all'evoluzione degli studi di settore. In calce era specificato che: i dati forniti non saranno in alcun modo presi a base della normale attività di accertamento né trasmessi ad altri uffici pubblici.
Maggio 2004, sempre governo Berlusconi: chissà come mai ricevo un invito al contraddittorio che ha portato a un avviso di accertamento e al mio ricorso verso l'agenzia delle entrate che, fortunatamente, ho vinto. Avevano addirittura il coraggio di imputarmi, così, d'ufficio, dei redditi doppi rispetto a quelli da me dichiarati. Ditemi un po', lavorando a ritenuta d'acconto, come sarebbe possibile nascondere dei redditi. Per fortuna è andata bene, forse anche per merito di una lettera in cui dichiaravo che mi spiegassero un po' come faceva uno che rubava i soldi a vivere in un bilocale in quattro persone e ad avere da tredici anni sempre la stessa Nissan Micra.
Luglio 2005, ancora governo Berlusconi: ricevo dall'agenzia delle entrate la richiesta di trasmissione in copia fotostatica di tutta la documentazione relativa a contributi previdenziali, spese sanitarie e premi per assicurazioni. Naturalmente la mancata comunicazione dei documenti richiesti obbligherà l'ufficio alla rettifica degli stessi rispetto al controllo formale della dichiarazione stessa.
Giugno 2010, sempre l'amico Berlusconi: stessa richiesta del 2005 da parte dell'agenzia delle entrate, e cioè, trasmissione dei documenti relativi a spese sanitarie eccetera.
Mi chiedo: è normale? O rientra tutto nel novero delle coincidenze, delle sfortunate combinazioni? A me sembra davvero troppo, mi pare proprio che, come ai tempi del liceo, qualcuno mi abbia inquadrato nel suo mirino. Avrei davvero voglia di mandarlo affanculo e chiedergli che tipo di ammortizzatori sociali ci sono per me: sussidio di disoccupazione? Ferie pagate? Malattia pagata? Liquidazione?

2 commenti:

  1. Successe anche a me qualcosa di simile al liceo, con una prof di inglese; a volte basta uno sguardo "storto" e finisci nel libro nero, tu pensa che oltre ad interrogarmi di continuo mi faceva fare delle cose assurde del tipo "declina questo verbo" e dopo averlo fatto (bene) mi diceva "adesso fallo al contrario". Io non sono mai sceso a patti con lei e non me ne pento :)

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  2. Hai ragione, un'esperienza di questo tipo in qualche modo rafforza il carattere e aiuta a crescere.
    Diverso il discorso quando le attenzioni arrivano dall'agenzia delle entrate. Credimi, basta un niente, il capriccio di un impiegato zelante, o un giudice distratto, per ritrovarti con la vita rovinata.

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