lunedì 6 settembre 2010

Un mucchio di stronzate

Una domenica passata a preparare il testo per il giro autunnale di mail promozionali, mi ha lasciato solo amaro in bocca.
L. pensa che la versione precedente fosse troppo aggressiva, o meglio, troppo "creativa". Forse ha ragione, forse no. Io pensavo che dovesse essere originale e farsi ricordare, magari perché appariva presuntuosa o stupida, chissà.
Probabilmente vi avevo riversato troppa ironia, di quella cinica e rabbiosa che mi accompagna in questi ultimi tempi.
Insomma, dicevo più o meno, che avrei potuto farneticare di mission, team, concept, visual, target, ma che invece preferivo parlare di creatività, esperienza, follia e robe del genere.
Forse non è stata capita da chi, effettivamente, parla di team, mission e tutte queste cazzate. Parole inutili, che servono esclusivamente a far cacciare più soldi ai clienti, rimbambendoli con termini che nemmeno capiscono.
Forse l'errore è stato rivolgermi a persone che hanno costruito la propria vita professionale su un vocabolario che, per loro, è più prezioso della bibbia per un predicatore. Gente che è incapace di fare un discorso comprensibile e con un minimo di senso. Ricordate Luca Luciani? Il manager telecom da 800mila euro l'anno, secondo cui, Napoleone a Waterloo non fu sconfitto, ma: "fece il suo capolavoro"?.
Ecco, forse questo è stato il mio errore: scrivere qualcosa che suonava più come una presa per il culo verso chi aveva costruito sul niente la propria posizione e che si ritrovava una mail che, anche se involontariamente, gli dava del coglione. La solita storia del "re è nudo", insomma.
Ora ho preparato un testo che mi fa vergognare di me stesso: niente inglesismi, ma una terribile triste serietà, fatta di fasi produttive, comunicazione aziendale, concreta esperienza e altra merda del genere.
Mi viene in mente quando questa gente presenta un progetto e lo infarcisce di significati, motivazioni e scelte creative inesistenti, utilizzando un linguaggio infarcito di: profilare gli utenti, aumentare l'awareness di marca, comunicazione viral e unconventional, consumer insight, big idea, brand concepts, vision dell'opera.
Peccato che tutto ciò non tenga conto dell'essenza più profonda e vera: ossia che tutto si riduce all'idea di una persona, nata attraverso esperienza, gusto e manualità, acquisiti durante una vita.
Sarebbe come pensare di dipingere un quadro basandosi su ricerche di mercato che stabilissero quale sia il soggetto più gradito, quali le tecniche più efficaci con cui dipingerlo, le sue dimensioni estrapolate da studi sulle proporzioni auree e via dicendo. probabilmente ne uscirebbe una emerita merda.
La verità è che quasi tutte le campagne, le idee pubblicitarie brillanti, i lampi di creatività, nascono solo dal caso, dal quel misterioso amalgama di cellule cerebrali che ognuno di noi usa a modo suo e che, addestrato in un certo modo, produce idee e cose che funzionano. Ma se chiedessimo a qualunque creativo in qualsiasi campo, quale siano i suoi metodi o processi creativi, risponderebbe che non esistono, che l'idea nasce improvvisa e ci si accorge subito se funzionerà o meno, indipendentemente da ricerche di marketing e stronzate del genere, che servono a far pagare mille ciò che vale dieci.

PS: benvenuto ottoaprile!

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