venerdì 17 settembre 2010

Credete di essere felici?

Ci avevo visto giusto. Ha chiamato l'editore siciliano per chiedermi una brochure aggiuntiva a quelle di luglio, e ho capito che ritiene alto il prezzo per la riduzione del pieghevole.
Eppure centocinquanta euro lordi per una giornata di lavoro non mi sembravano così tanti.
Forse sbaglio nel paragonarmi a un idraulico, o un elettricista, forse nell'immaginario collettivo un grafico è un buontempone che non avendo niente di meglio da fare, si diletta a pasticciare col computer, ma in fondo non è mica che faccia un lavoro serio.
L'idraulico almeno si sporca le mani di merda, l'elettricista rischia una bella scossa o almeno di tagliarsi con le forbici spelafili. Ma fare il grafico... per favore! Starsene seduti tutto il giorno muovendo sì e no le mani su una tastiera e un mouse, giocare con i colori, con tante scritte divertenti; per fare un lavoro così bisognerebbe pagare, altro che essere pagati.
E poi, se l'idraulico e l'elettricista non fanno la fattura si possono anche capire: infilare le mani nei water altrui, ripulire da capelli e altre schifezze scarichi e sifoni, stipendiare a nero un povero marocchino per le mansioni più nauseanti, rischiare di infilarsi un cacciavite nella mano o farsi schizzare in un occhio qualche scheggia ribelle... Non sono certo lavori facili, che volete? Che vi facciano anche la fattura? E se poi s'incazzano e ci lasciano senza water o senza acqua? O ci collegano di proposito qualche tubo o qualche filo elettrico nel modo sbagliato? Se ci lasciano senza corrente, come lo guardiamo Minzolini alla Tv?
Massì, poveracci, saranno anche cari, ma guarda che lavoracci gli tocca fare!
Eppure, quando avevo quattordici anni, mia madre me l'aveva detto: "Tu devi fare l'idraulico, altrimenti sarai sempre un miserabile!".
A parte l'alta considerazione che nutriva nelle mie capacità, io avevo altre aspirazioni. Non sono mai stato un secchione, ma però sentivo di voler fare qualcosa di libero, qualcosa che mi facesse felice, un lavoro in cui poter esprimere la fantasia e la creatività che tutti quanti, nel corso della mia vita, hanno sempre cercato di imprigionare e uccidere.
Pensateci un po': non avete mai fatto caso a quanto sia libero e fantasioso un bambino prima di andare alle elementari? Fanno disegni bellissimi, colorati, astratti, buttano i colori sul foglio come se fossero una cosa viva, che prende forma a seconda dell'ispirazione, inventano storie fantastiche, con personaggi così vivi e reali, cantano, inventano filastrocche, barzellette, saltano, ridono.
Poi comincia la scuola. Non ci si alza dal banco, non si chiacchiera, non si ride, si sta seduti composti, si obbedisce alla maestra anche quando è un'imbecille reazionaria e bigotta, si colora rimanendo dentro le righe altrimenti ti punisco con un brutto voto o una nota sul quaderno. Si impara a rispettare le figure autoritarie: la maestra, il preside, l'insegnante di catechismo, l'allenatore. Non c'è dialogo, interscambio di idee, ma solo l'obbedienza all'autorità dello stato e della chiesa. Così si formeranno dei cittadini disciplinati e rispettosi. Gente che non deve pensare con la sua testa, che non può liberamente esprimere ciò che sente, ma che deve solo rincoglionirsi allo stadio, in chiesa e davanti alla tv.
Guardatevi Brasil, La fuga di Logan, Quinto potere, leggete 1984 di George Orwell, leggete Henry D. Thoreau, forse capirete perché credete di essere felici, ma in realtà non lo siete.

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