mercoledì 6 ottobre 2010

A ruota libera

Approfitto di una prematura pausa di lavoro e, accompagnato dalla campana a morto che in questo periodo non smette mai di consumarsi, penso che non sono per niente convinto della vita che conduco in questi ultimi tempi.
Non so di preciso perché; non passo le mie giornate in un bar di periferia a bere, fumare e giocare ai videopoker, non passo il tempo davanti al computer a chattare con uomini che si fingono ragazzine e nemmeno continuo a girare in automobile senza una meta, come a volte facevo da giovane in motorino.
Giri e giri del quartiere fino a consumare le gomme; la curva prima della piazza presa col gas del garelli spalancato, i poggiapiedi che sprizzavano scintille sull'asfalto, poi svolta a sinistra per viale M. fino all'edicola, inversione a U, subito a destra nella via del cinema, dritto fino a via B., poi sinistra, lungo il muro della ferrovia fino alla trattoria dei muratori e di nuovo a sinistra, in quel budello con la curva prima della piazza. Speravo di incontrare qualche ragazza che conoscevo: che so, la figlia della portinaia della Mial, M., che abitava sopra i giardinetti del mercato, l'altra, di cui non ricordo il nome, con casa più o meno a metà della via con l'asilo comunale. Avevo fatto pure montare i poggiapiedi per il passeggero, eccitandomi solo al pensiero che la sella del garelli era davvero piccola e il contatto sarebbe stato molto ravvicinato. Immaginavo di scarrozzarne qualcuna in giro per il quartiere, le sue mani avvinghiate alla mia vita, o sulle spalle, le sue cosce contro le mie, il bacino che spingeva in un impossibile coito a rovescio. Ma la sella del mio garelli è rimasta sempre vergine. Mai una sola ragazza l'ha anche solo sfiorata con un dito.
Erano tempi in cui gli amici erano gli ambasciatori dell'amore. Amore? Semmai curiosità, brama, ormoni impazziti, foia, ardore, desiderio, bramosia. Non ci dormivi la notte, ci pensavi per tutto il giorno e, in fondo, le cose non sono cambiate gran ché, solo gli ormoni si sono dati una leggera calmata.
Beh insomma, si mandava l'amico, quello più estroverso, quello con la lingua lunga, quello che non si vergognava a comprare Caballero o le Ore, dalla ragazza che appariva più abbordabile e, con una delle solite frasi da film comico da oratorio, quello portava l'ambasciata:
"Sai, c'è quel mio amico, dice che sei molto carina e anche simpatica, dice che si è accorto che anche tu lo guardavi, dice che gli piaci davvero un sacco, dice se ti andrebbe di essere la sua ragazza...".
Io l'ho fatto una volta, con quella della via dell'asilo comunale, forse perché era l'amica del cuore di M., il sogno proibito di un intero quartiere. M. era bella come un raggio di sole, un minuscolo neo di fianco alla bocca, quando ti sorrideva di tre quarti con gli occhi blu leggermente socchiusi, ti pareva di impazzire. Chissà perché avevo deciso che M. era al di fuori della mia portata, e così, come sempre accade, avevo rivolto le mire sull'amica, che di per sé non era affatto brutta: capelli lunghi, scuri e mossi, labbra carnose, occhi chiari, anche se scoloriva nella luce abbagliante di M.
Ci ho mandato B., uno che non si vergognava di niente e di nessuno, ma chissà se poi ci è andato davvero. Di solito succedeva che l'amico che andava a parlare con la ragazza dei tuoi sogni, ci si fidanzava un paio di giorni dopo. Ma era più facile che invece non ci andasse proprio. Magari si rintana in casa per un pomeriggio, oppure si nasconde in qualche bar fuori dal giro, poi torna dicendo: "Ci ho parlato, le ho detto che lei ti interessava, che la pensi sempre, che vorresti che fosse la tua ragazza, proprio come mi hai detto di dirle, ma ha detto di no".
"Come no!? - sbottavi rosso in faccia per la delusione e la vergogna - Solo no? Non ha detto nient'altro?".
"Beh - rispondeva l'amico - Ha detto che sei simpatico, ma che non le interessi".
"Non le interesso? Ma guarda un po' che stronza!".
Per fortuna la delusione non era così terribile; come ho detto, più che di amore si trattava di quella cosa nella pancia e in mezzo alle gambe, quel pensiero fisso che: "...se solo potessi toccarle la mano, metterle un braccio attorno alla vita o sulle spalle, baciarla su quelle labbra così...".
Ma perché quello stronzo di F. che pareva un cretino qualunque e puzzava sempre di cerume, limonava da mesi con quella troia, che non sarà una bellezza, ma però si fa baciare e palpare di gusto?
Che cazzo ci faccio in una compagnia dove la maggior parte delle ragazze si sono passate quasi tutti tranne me e L.?
Solo una volta, una che non ho mai saputo come si chiamasse, mi ha sfidato a baciarla.
"Mi hanno detto che tu baci bene". Mi ha detto un giorno davanti a tutti in via C.
"Ma va?" Ho risposto come un coglione che non sapeva cosa dire.
Una cosa a cui non ho mai resistito sono le sfide. È da pirla, lo so, ma se qualcuno mi dice: "Avanti fatti sotto! Fammi vedere cosa sai fare!". Beh, parto come un ariete: ottuso, cieco e infuriato.
Sarà per questo che devo aver detto qualcosa tipo: "Allora se vuoi provare anche tu, vieni che ti faccio vedere" e l'ho presa fra le braccia, baciandola con un accenno di cascquet ma, come uno stupido principiante, con poca lingua. L'effetto è stato piuttosto buono, perché, per qualche tempo, me ne andavo in giro per il quartiere con la fama di: "...quello che bacia bene, con quel tocco di romantico", il che non era affatto male, anche se avevo il dubbio che si trattasse di una mezza presa per il culo.
Ma tutto questo non c'entra niente. Pensare di non essere soddisfatto della vita che sto conducendo, non ha nulla a che vedere con ricordi dei tempi dell'acne.
Piuttosto è l'addormentarsi sul divano alle dieci di sera, risvegliarsi alle due o le tre, con la tv che sbraita fiction indecenti, e trascinarmi prima in bagno e poi a letto come uno che arranca nel deserto in cerca di acqua.
Prima almeno avevo la scusa del lavoro. "Ho lavorato come una bestia, sono così stanco che quasi non ho sonno", poi schiantavo in meno di dieci secondi fino alla mattina dopo.
Ma adesso? D'accordo, sto per tutto il giorno davanti al computer, un po' per fatti miei e un po' per cercare lavoro, ma mi addormento comunque prima delle dieci come se mi dessero una bastonata in testa. Non me ne rendo neppure conto: un minuto prima sono lì che guardo Piero Angela, e un minuto dopo riapro gli occhi su una fiction raccapricciante col fratello di Fiorello. Guardo l'orologio e sono le due, o le tre.
Che vuol dire, dottore?

4 commenti:

  1. Ma chi lo sa, più che altro una gran rottura di palle forse...

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  2. No, normalissimo. Un po' rottura di palle, è vero, ma se non fosse per quel piccolo tarletto del fatto che non guadagni (non che non lavori...) è un periodo abbastanza bello. Perlomeno profondo. A me è successo così, nel senso che mentre ero disoccupato ho ripreso a pensare con un po' di sana cattiveria adolescenziale. E poi diventi più coraggioso (io ho sempre avuto il problema di essere un po' vigliacchetto). Resta un po' il rimorso che, avendo tempo, potresti fare qualcosa di meglio, tipo un corso di chitarra. Ma poi, per fortuna, eviti il ridicolo e contempli... Ci va fortuna.
    Giustisimo: meglio un editore forse insolvente che un F. lindo ma inutile

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