In poche parole, la situazione è questa: a fine 2009 l'editore per cui lavoravo, mi impone un contratto-capestro con il tariffario che solitamente applicavo tagliato di oltre il 30%, e con clausole talmente vessatorie che non lo avrei mai potuto accettare. Non c'è stato verso di negoziare o controproporre; la sua posizione era: o accetti questo contratto o niente. Dopo un po' di tira e molla, all'ennesima minaccia mafiosa da parte sua, gli ho detto in faccia di andarsene a fare in culo.
Ero baldanzoso e sicuro della mia esperienza e capacità professionale. Pensavo che in breve tempo sarei riuscito a risollevarmi. Invece, malgrado abbia provato tutto ciò che era nelle mie possibilità - email promozionali, sito internet, conoscenze, amici, eccetera - sono passati mesi senza che si muovesse una foglia.
Viviamo dando fondo ai risparmi, e grazie a un lavoretto part-time di mia moglie.
Ho provato tutte le fasi dell'elaborazione del lutto teorizzate dalla dottoressa Elisabeth Kübler Ross, e spesso ricado in qualche flashback dell'una o dell'altra.
Mi sono illuso di poter intentare una causa a quel mafioso dell'editore, ho interpellato almeno quattro avvocati diversi, compreso quello dell'ordine dei giornalisti. Qualcuno si è tirato indietro, qualcun altro mi ha illuso, per disilludermi subito dopo. Fino a questa mattina, quando l'avvocato dell'ordine mia ha detto che: "Si potrebbe tentare, ma le leggi sono di diversa interpretazione, i giudici pure, poi bisognerebbe richiedere una perizia grafica che va pagata a parte, la causa potrebbe durare anni, lei spenderebbe dei soldi e non avrebbe la certezza matematica di una sentenza a suo favore...".
Va bene, ho capito. Ho capito che in questo paese le leggi sono fatte per i furbi, i cialtroni, gli arruffoni, quelli che hanno le spalle larghe per affrontare anni e anni di processi e pagare fior di avvocati.
Non per la gente onesta, per chi, dopo anni di sacrifici, di lavoro senza orari, di pochi soldi intascati, va a finire che se la prende immancabilmente nel culo.
In questo ultimo mese sono riuscito a trovare un po' di lavoro da una vecchia conoscenza in Sicilia. Qualche progettino e qualche speranza per settembre.
In compenso, ricevo un avviso dall'agenzia delle entrate che contesta i versamenti fatti per la cassa malattia, dicendo che la documentazione che ho fornito è carente, e quindi pretendono più di 1.400 euro di tasse, sanzioni, interessi e altri cazzi.
Ahahahahah, lo trovo così buffo! Ormai sono sull'orlo di una crisi di nervi (grazie pedro). Non basta averla presa nel culo da un editore stronzo e mafioso (e per di più pelato), non basta che non ci sia verso di intentargli una merda di causa, non basta che da quasi sei mesi non trovo uno straccio di lavoro, non basta che non abbia diritto a nessun tipo di ammortizzatore sociale, dovevano mettersi anche quelli dell'agenzia delle entrate.
Chiamo la commercialista (la famosa commercialista di Limbiate), che ha il coraggio di rispondermi che fra due giorni chiude lo studio e che, in poche parole, mi devo arrangiare. Mi sbatto come un coglione per raccogliere tutta la documentazione, non sapendo nemmeno cosa sto facendo. Domani spedisco la raccomandata e domenica porterò in vacanza la famiglia. Non perché mi piaccia frignare e poi spendere i soldi per andare al mare. Ma perché, con due figli allergici, sono costretto a portarceli.
Mi domando solo quale altra divertente peripezia dovrò affrontare in futuro.
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