Perché? Perché il manganello così facile verso chi manifesta pacificamente per rivendicare il suo diritto al lavoro o alla casa?
Nemmeno negli anni settanta, quando i giovani dell’autonomia scendevano in piazza con le pistole, le forze dell'ordine si avventavano così crudelmente verso gli indifesi. Nemmeno quando ministro dell'interno era Cossiga. Oggi è senatore a vita e presidente emerito della repubblica italiana. Peccato che quando apre bocca - su Ustica, Gladio o altri argomenti del genere - non faccia altro che intorbidire le acque di proposito, buttandoci sabbia e fango a piene mani.
Questo trafiletto è estratto da un articolo pubblicato da la Repubblica (Il vuoto del diritto) il 14 novembre 2008 a firma Giuseppe D'Avanzo:
"Cossiga ha spiegato come distruggere l'Onda, il movimento degli studenti: "Bisogna infiltrare gli studenti con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine, mettano a ferro e fuoco le città. Dopodiché, forti del consenso popolare, le forze dell'ordine non dovrebbero avere pietà e mandarli tutti in ospedale. Non arrestarli, che tanto poi i magistrati li rimetterebbero subito in libertà, ma picchiarli e picchiare a sangue anche quei docenti che li fomentano".
Cossiga (un uomo che sarebbe sciagurato considerare soltanto uno spericolato irresponsabile) dice quel che altri, nella destra di governo, pensano soltanto. Le polizie, nello "Stato governativo" preteso dalla destra, non dovrebbero più avere soltanto una funzione di mera esecuzione del diritto, ma farsi agenti attivi della sovranità del governo, muoversi in quell'area indifferenziata tra violenza e diritto che sempre definisce, nel caso d'eccezione, il comando del sovrano e il potere delle polizie".
Poco prima dei fatti del G8 di Genova nel 2001, eravamo in vacanza a San Bartolomeo al Mare, nella Liguria di Ponente. Lungo la via Aurelia c’era e c’è un negozio di alimentari gestito da una persona chiaramente di destra. Non lo dico così per dire, ma perché ha il negozio tappezzato da calendari di Mussolini, manifesti di propaganda dell’esercito, forze dell'ordine e così via. Questo signore ha un figlio che presta servizio, credo, nei carabinieri e, discorrendo con mia moglie, che ha il pregio involontario di far parlare anche i sassi, ha detto più o meno:
“Vedranno quei bastardi di comunisti che pensano di andare a far casino a Genova che bella sorpresa li aspetta, gli faremo un culo così. Me lo ha detto mio figlio che sta nei carabinieri, che gli spaccheranno la faccia a tutti quanti!”.
Sono parole pesanti, a cui ho ripensato mesi dopo, quando a Genova era successo quello che è successo, e mi sono domandato: Ma davvero quel coglione diceva così per dire, oppure il figlio aveva ricevuto indicazioni su come avrebbero dovuto trattare i manifestanti? E, anche se non le avessero avute, era questo il modo in cui i carabinieri preparavano un evento così delicato e che avrebbe necessitato la massima capacità diplomatica e di mediazione?.
Credo sia innegabile che, da qualche decina d’anni a questa parte, vi sia stato una sorta di sdoganamento della violenza da parte delle autorità.
Sembra quasi che il messaggio verso i cittadini sia: “Attenti a manifestare, anche se lo fate in modo pacifico, rischiate che vi si prenda a manganellate, senza pietà per donne, vecchi o bambini. Vi conviene starvene a casa tranquilli a vedere la televisione, che a mantenere l’ordine ci pensiamo noi”.
Non è certo una mia impressione che ci siano un sacco di persone morte di botte proprio sotto le aule dei tribunali, dove occhieggia allegramente beffarda la scritta: “La legge è uguale per tutti”, o in caserme chiuse ad avvocati e famiglie nelle quali si consumano pestaggi, torture e umiliazioni, seguite da risate e suonerie fasciste sui cellulari.
Un prodotto della politica di questi ultimi anni è questo. Resta da capire se è uno scarto del processo che ha portato a un imbarbarimento civile che non ha precedenti, o una precisa strategia d’ordine pubblico. Credo un miscuglio di entrambi.
Credo sia innegabile che, da qualche decina d’anni a questa parte, vi sia stato una sorta di sdoganamento della violenza da parte delle autorità.
Sembra quasi che il messaggio verso i cittadini sia: “Attenti a manifestare, anche se lo fate in modo pacifico, rischiate che vi si prenda a manganellate, senza pietà per donne, vecchi o bambini. Vi conviene starvene a casa tranquilli a vedere la televisione, che a mantenere l’ordine ci pensiamo noi”.
Non è certo una mia impressione che ci siano un sacco di persone morte di botte proprio sotto le aule dei tribunali, dove occhieggia allegramente beffarda la scritta: “La legge è uguale per tutti”, o in caserme chiuse ad avvocati e famiglie nelle quali si consumano pestaggi, torture e umiliazioni, seguite da risate e suonerie fasciste sui cellulari.
Un prodotto della politica di questi ultimi anni è questo. Resta da capire se è uno scarto del processo che ha portato a un imbarbarimento civile che non ha precedenti, o una precisa strategia d’ordine pubblico. Credo un miscuglio di entrambi.
Alla politica non è mai piaciuto e non piace che i cittadini abbiano la possibilità di manifestare e vivere la propria nazione e, quindi incoraggia le autorità, oggi più che mai, a reprimere senza troppi complimenti.
Questo allentamento delle maglie della civile convivenza e del rispetto verso i cittadini, ha portato le forze dell’ordine a eviscerare l’anima naturalmente reazionaria, a rivalutare un'ignoranza ottusa portata a valore, a non sentirsi obbligate al rispetto delle leggi e così facendo, incoraggiare il timore verso l'autorità dei cittadini italiani.
Questo allentamento delle maglie della civile convivenza e del rispetto verso i cittadini, ha portato le forze dell’ordine a eviscerare l’anima naturalmente reazionaria, a rivalutare un'ignoranza ottusa portata a valore, a non sentirsi obbligate al rispetto delle leggi e così facendo, incoraggiare il timore verso l'autorità dei cittadini italiani.
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