Ieri, finalmente, l'appuntamento in casa editrice per la proposta di un lavoro. È vicinissima a casa, non più di cinque o sei minuti in auto. È una bella costruzione, arredata col gusto di un architetto, con un via vai di persone giovani e informali dall'aria tranquilla, quasi rilassata.
Parlo con un architetto sui cinquantacinque, anche lui in maniche di camicia, senza giacca e cravatta. È estremamente educato ma non azzimato, mi parla di etica, correttezza aziendale, progetti futuri.
Mi torna in mente un post di qualche tempo fa in cui mi chiedevo dove fossero finite le persone serie, non quelle seriose, ma quelle che mantengono la parola, non si comportano come cialtroni o dittatori, quelle per cui l'onestà e l'etica sono ancora valori e non parole strane. Credo di averne trovata una.
Se veramente i fatti di questi ultimi giorni, cambieranno in meglio le mie prospettive di lavoro, è innegabile che questi pochi mesi di euforica disperazione mi abbiano in qualche modo reso diverso. E devo ringraziare il mafioso pelato per avermi regalato, suo malgrado, un nuovo modo di vedere il mondo, le persone e anche me stesso. Sono felice di aver riscoperto una società dalla quale ero stato allontanato, fatta anche di solidarietà, di educazione, di professionalità. Mi auguro che, se tutto va bene, riprendere a lavorare non mi faccia tornare a essere un misogino eremita rinchiuso nella sua tana come un coniglio impaurito.
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