Mia moglie dipinge, e mi surclassa come Coppi straccerebbe un bambino sul triciclo.
Lei dice che avrei avuto le potenzialità per essere nell'ordine: uno scrittore, un paroliere, un fotografo, un cantante, un attore, un pittore.
Invece sono un grande bluff, un camaleonte che, come lo Zelig di Woody Allen, è così insicuro da non poter fare altro che trasformarsi, di volta in volta, in tutto ciò che gli altri vorrebbero lui fosse.
Lei è creativa, libera, ha un senso del colore e della pennellata che io non potrei nemmeno immaginare. È lei, non io, che potrebbe fare qualsiasi cosa volesse. Io sono una scimmietta ammaestrata, capace di imitare ciò che ha visto fare ad altri.
Ieri mia figlia ha proposto a tutta la famiglia una domanda che, a prima vista, potrebbe sembrare un giochino innocuo: "Quali sono le cose che sai fare meglio?".
Ho risposto con una delle mie solite battute stupide: "I bambini!". E, fra me e me, ho pensato che è davvero la cosa migliore che ho fatto in tutta la mia vita. Anche se il mio contributo si è limitato a un istante di piacere e uno schizzetto di qualcosa che non ha un bell'aspetto e un odore ancor meno gradevole.
Quindi, anche in questo caso, non sono io ad aver fatto qualcosa, o averla fatta meglio di altre.
È mia moglie, sangue del suo sangue, carne della sua carne. Io, al massimo, ho pagato il mantenimento, i vestiti, i giocattoli, l'educazione. Ma non è la stessa cosa che fabbricare bambini. Non è saper fare qualcosa e, quel poco che ho fatto, non l'ho fatto né meglio né peggio di qualsiasi altro padre al mondo.
In effetti non so quale sia la cosa che so fare meglio. La mia sensazione è la stessa della canzone dei Ricchi e Poveri: "So far tutto o forse niente, da domani si vedrà". Solo che a forza di aspettare un domani che non arriva mai, ho abbondantemente oltrepassato la maggior parte della mia vita senza essere ancora in grado di rispondere alla semplice domanda di una bambina di nove anni: "Qual è la cosa che sai fare meglio?".
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