Dopo natale e pasqua ecco un altro ponte che trascorreremo a Milano. Non è che mi dispiaccia poi così tanto. Più che altro sono le allergie dei bambini a non trarne grande giovamento, ma quest'anno va così.
Comincio a trovare noioso stare davanti al computer senza produrre nulla di redditizio. Mi hanno stancato particolarmente i social network, così superficiali e vacui. Non credo siano un modo per allacciare nuove relazioni, anzi, penso che ci allontanino ancora di più dalla vita reale.
In fondo la nostra generazione funge un po' da cavia per questo nuovo modo di declinare la vita in forma di byte e, come ogni esperimento che si rispetti, miete qualche vittima e non è esente da effetti collaterali anche seri. Chi riesce a trascorrere più di due giorni senza cellulare, senza controllare l'e-mail, il sito personale, il blog, facebook e compagnia? Quanto tempo sottraiamo all'affetto reale e tangibile dei nostri amici, figli, mogli per dedicarci a relazioni astratte e fumose che vivono esclusivamente dietro lo schermo del computer?
Dopo la perdita del lavoro, trascorrevo spesso intere giornate davanti al monitor senza combinare niente di costruttivo; saltando da un sito all'altro, da un blog alle notizie, dal porno al social network, dai video di youtube fino all'abbruttimento più totale della realtà più macabra e improbabile.
Ora mi dò delle regole: controllo la posta e aggiorno il blog appena acceso il computer, un giro veloce sulle notizie e, ogni paio di giorni, un'occhiata a facebook e linkedin (ma spesso trascorre molto più tempo) e poi produzione. Che sia al computer o con tele, pennelli, cartapesta e colla, la mia giornata deve essere finalizzata alla realizzazione di qualcosa.
In questi giorni mi sto dividendo tra la partecipazione a qualunque concorso fotografico e la creazione artistica prettamente manuale.
Ho scoperto infatti che esiste un'offerta di concorsi fotografici pressoché infinita. No, non lo faccio per la gloria, né per rendere grazie a dio (come si cantilenava in chiesa da piccoli), ma perché sono interessato ai premi come forma di integrazione al reddito familiare. Per esempio, il concorso organizzato da un grande supermercato mette in palio buoni spesa da mille euro, mentre le solite macchine fotografiche digitali, che sono la stragrande maggioranza dei premi, si possono sempre vendere su ebay. Quindi perché non sfruttare un archivio fotografico che spazia lungo un arco di oltre trent'anni di passione?
Così mi sono messo a scartabellare fra raccoglitori, negativi e diapositive che rappresentano per immagini gran parte della mia vita. Mi sono accorto che ho sempre privilegiato fotografare i paesaggi e la natura, forse per mantenere una certa distanza fra me e il resto del mondo. Riguardando oggi queste immagini provo a volte un senso di vuoto, di abbandono, di mancanza, malgrado siano tecnicamente impeccabili. Manca però la presenza umana, i visi, i sorrisi, gli sguardi, il calore fisico della vita.
Senza le persone, le fotografie mi appaiono come le foto di stelle e galassie del telescopio Hubble: di una struggente bellezza, ma sterili, scientifiche.
Le poche immagini in cui ho ritratto delle persone, hanno acquistato col tempo un valore intrinseco: quello dell'immagine in sé, quello dei volti, delle storie, della vita sfumata e di quella futura. Sono divorato dalla curiosità di sapere com'è andata a finire, cos'è successo dopo lo scatto, quando me ne sono andato. Una foto che ritrae delle persone è una storia che non ha fine.
Scansire le foto per partecipare ai concorsi mi fa sentire occupato, è un alibi per non pensare che sono qui, da solo, senza un vero lavoro, senza la possibilità di aiutare la mia famiglia. Guardando il tempo che passa e i risparmi di anni che si consumano, e non poter fare altro che incazzarmi e ingannare me stesso.
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