Una strana vena di follia serpeggia in questa famiglia. Come di un reduce con disturbi comportamentali, un Rambo un po' suonato che, sconsolato e rabbioso, rimpiange il codice d'onore della guerra: "Io copro te e tu copri me". Che pilotava elicotteri e carri armati, era responsabile di attrezzature per milioni di dollari, mentre ora non riesce a trovare lavoro nemmeno come parcheggiatore.
Io ci vedo una certa somiglianza con la mia situazione. Solo qualche mese fa ero art director responsabile della grafica di tre giornali, di manifestazioni ed eventi, progettavo logotipi, e oggi non riesco a trovare uno straccio di lavoro qualunque.
È umiliante, esasperante e mi mette in corpo una rabbia livida. Sento che gli amici, i parenti, non capiscono davvero la profondità della mia frustrazione.
Tutto questo mi ha trasformato in un incosciente, euforico, idiota; felice di essersi liberato dallo stress quotidiano delle chiusure, dalle redattrici ottuse e presuntuose e dai padroni (perché di questo si tratta, dei padroni assoluti di dipendenti e collaboratori, feudatari del lavoro, autorizzati dal sistema a fare e disfare, senza conseguenze, senza controllo, oltre le regole della libertà e della convivenza civile).
È anche uno spaesamento, un sentirsi "diversi" e così essere percepiti dall'esterno. Chi ci conosce ci giudica persone strane: informali, anticonformiste, simpatiche e felici. Ma non abbiamo fatto nulla per apparire in questo modo, anzi, sono giudizi che semmai danno pure fastidio. "Che ho io di diverso rispetto al resto del mondo? Perché pensano che la nostra famiglia sia "strana"?". Ho sempre creduto di rientrare nella media delle persone, ma probabilmente così non è. O forse è il nostro essere, malgrado tutto, serenamente felici quello che non convince il resto del mondo?
Ho cominciato un nuovo quadro; questa volta non lascerò che prenda il sopravvento. Sarò io che deciderò come dovrà essere, fino alla fine.
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