Sono una persona limpida, non ho niente da nascondere, i fatti miei sono simili a quelli di un’infinità di altre persone e quindi non ho niente di cui vergognarmi.
Per ciò che ho detto su persone che ho conosciuto, conosco, o che non ho mai visto in vita mia, non ho fatto altro che dire la verità; se mai, condita con un filo di ironia, perciò sono tranquillo e se qualcuno si sente ferito, non è un problema mio ma piuttosto della sua autostima.
Lo scopo di denunciare la mia situazione, che poi è la stessa di quasi tutti i lavoratori autonomi precari - volontari o meno - non ha sortito il benché minimo effetto. I giornali se ne fregano (lo dico perché ho toccato con mano), movimenti d’opinione non ne esistono se non per sfamare chi li guida, lo stato poi, mi aiuterebbe solamente se non avessi nemmeno un centesimo in banca, ma quattro figli sulle spalle, un mutuo da pagare e nessun parente che mi possa foraggiare. Peccato che poi si scoprano ciechi che guidano la macchina, paraplegici che saltellano, invalidi che camminano sulle proprie gambe e più guardie forestali che alberi.
“È sempre stato così - potrebbe dire qualcuno - è nel dna degli italiani, non cambierà mai”. Ma le cose stanno davvero così? Siamo davvero un popolo di stronzi di tal fatta? Non lo so, può anche darsi.
Un altro motivo era testimoniare ai miei figli che le cose brutte passano, le notti prima o poi finiscono, il buio deve per forza cedere il passo alla luce. Ma comincio a nutrire qualche dubbio.
Qualcuno ha suggerito anche che, sotto sotto, questa fosse un’operazione letteraria, che dietro ci fosse qualcuno che non fossi io: un grafico disoccupato e moderatamente disperato. Per me è un grande complimento e non nego che cederei i diritti di tutto quanto al primo che li chiede ma, anche se ho cercato di pubblicizzarmi il più possibile, vi garantisco che non interessano a nessuno.
Devo ammettere che ci sono stati momenti in cui mi è stata espressa molta solidarietà; mi è stato di conforto e ve ne sono molto grato, però l’interazione è davvero minima (vedi le impressioni riguardo ai miei lavori).
Per ciò che ho detto su persone che ho conosciuto, conosco, o che non ho mai visto in vita mia, non ho fatto altro che dire la verità; se mai, condita con un filo di ironia, perciò sono tranquillo e se qualcuno si sente ferito, non è un problema mio ma piuttosto della sua autostima.
Lo scopo di denunciare la mia situazione, che poi è la stessa di quasi tutti i lavoratori autonomi precari - volontari o meno - non ha sortito il benché minimo effetto. I giornali se ne fregano (lo dico perché ho toccato con mano), movimenti d’opinione non ne esistono se non per sfamare chi li guida, lo stato poi, mi aiuterebbe solamente se non avessi nemmeno un centesimo in banca, ma quattro figli sulle spalle, un mutuo da pagare e nessun parente che mi possa foraggiare. Peccato che poi si scoprano ciechi che guidano la macchina, paraplegici che saltellano, invalidi che camminano sulle proprie gambe e più guardie forestali che alberi.
“È sempre stato così - potrebbe dire qualcuno - è nel dna degli italiani, non cambierà mai”. Ma le cose stanno davvero così? Siamo davvero un popolo di stronzi di tal fatta? Non lo so, può anche darsi.
Un altro motivo era testimoniare ai miei figli che le cose brutte passano, le notti prima o poi finiscono, il buio deve per forza cedere il passo alla luce. Ma comincio a nutrire qualche dubbio.
Qualcuno ha suggerito anche che, sotto sotto, questa fosse un’operazione letteraria, che dietro ci fosse qualcuno che non fossi io: un grafico disoccupato e moderatamente disperato. Per me è un grande complimento e non nego che cederei i diritti di tutto quanto al primo che li chiede ma, anche se ho cercato di pubblicizzarmi il più possibile, vi garantisco che non interessano a nessuno.
Devo ammettere che ci sono stati momenti in cui mi è stata espressa molta solidarietà; mi è stato di conforto e ve ne sono molto grato, però l’interazione è davvero minima (vedi le impressioni riguardo ai miei lavori).
Forse perché alla fine non è poi così interessante leggere tutti i giorni di qualcuno così vicino al ciglio della depressione e di una vaga miseria. Posso capirlo.
Insomma, amo, ma davvero, raccontare ciò che scrivo. Mi piace, mi dà soddisfazione, ma purtroppo non mi riempie la pancia e richiede molto tempo, tempo che forse dovrei impiegare più produttivamente, anche se non ho idea di cosa produrre.
Mi sono ripromesso di proseguire fintanto che le cose non cambieranno, ma a volte mi trovo a pensare: “E se le cose non cambieranno? Che farò, andrò avanti all’infinito a scrivere sciocchezze mentre la nave affonda inesorabilmente? Continuerò a suonare la trombetta mentre l’acqua gelida lambisce i coglioni?”.
Abbiate pazienza, ma sono momenti di riflessione che ogni tanto si presentano, volente o nolente.
Insomma, amo, ma davvero, raccontare ciò che scrivo. Mi piace, mi dà soddisfazione, ma purtroppo non mi riempie la pancia e richiede molto tempo, tempo che forse dovrei impiegare più produttivamente, anche se non ho idea di cosa produrre.
Mi sono ripromesso di proseguire fintanto che le cose non cambieranno, ma a volte mi trovo a pensare: “E se le cose non cambieranno? Che farò, andrò avanti all’infinito a scrivere sciocchezze mentre la nave affonda inesorabilmente? Continuerò a suonare la trombetta mentre l’acqua gelida lambisce i coglioni?”.
Abbiate pazienza, ma sono momenti di riflessione che ogni tanto si presentano, volente o nolente.
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