Lo confesso: l’idea di lavorare gratis, o meglio, senza prospettive certe di retribuzione, non mi fa impazzire. Anzi, mi fa pure un po’ incazzare.
Se da una parte mi illudo di non essere fuori dal giro, di mantenere attive le capacità grafico-editoriali, dall’altra so che lavorare in questo modo non può portarmi da nessuna parte. Sono stufo di mezze promesse, di fumosi contatti, di appuntamenti inutili, di preventivi perversi.
Perché non riesco a lavorare? Questa è la domanda che continua ad assillarmi più volte al giorno. Perché, malgrado una buona esperienza, discrete capacità e una ricerca a tappeto non riesco a impaginare nemmeno il giornalino della parrocchia?
Perché il destino è stato così stronzo? Perché si sono dovute allineare così tante circostanze negative da ridurmi in questo stato?
Perché mi è stata tolta la dignità di mantenere la mia famiglia? Cosa ne sarà del nostro futuro, soprattutto quello dei miei figli e, perché no, quello della mia vecchiaia?
Non pare, ma sono cose che consumano l’anima e il corpo.
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