lunedì 7 giugno 2010

Forma mentis

Non tutte le settimane cominciano col buco.
La maledizione delle cinque fasi della dottoressa Ross sembra perseguitarmi. Alterno rabbia e senso d’impotenza a momenti più sereni, ma oggi prevale il rancore e lo scoramento per tutto ciò che faccio senza risultato.
Il tempo a disposizione mi accompagna lungo strade poco battute e, subdolamente, senza che me ne accorga, mi obbliga a pormi domande esistenziali che normalmente affiorerebbero un paio di volte l’anno.
Cosa voglio veramente? Di cosa posso lamentarmi? Come vorrei che si risolvesse tutto questo?
Ma non arrivano risposte. Solo recriminazioni e rimpianti. Come sarebbe andata la mia vita se...? Se non avessi frequentato quella scuola, se mia madre non fosse stata così castrante, se mio padre fosse stato più presente, se avessi avuto un aspetto differente.
Quest’ultimo, soprattutto, è un tema che mi ha sempre arrovellato. Infatti sono convinto che siamo in buona parte quello che gli altri vedono, che ci comportiamo in funzione dell’immagine mentale di noi stessi che abbiamo costruito in rapporto allo specchio rappresentato dalle altre persone.
Io, per esempio, come avrei modificato il mio carattere se non mi fossi sempre sentito così goffo e ciccione?
Bambino “normale” fino a sette anni, dopo un piccolo intervento sono ingrassato vistosamente nel giro di tre, quattro mesi. Pancia abbondante che sballonzola, tettine maschili, faccia pacioccona. Ne soffro enormemente, mi sento abbandonato al mio destino di ciccio palla, il bambino ciccione che deve per forza essere simpatico o tenero. Io invece divento aggressivo, molto aggressivo. Alzo le mani spesso e soprattutto volentieri. Mi piace picchiare chi mi guarda storto, chi prova a offendermi. Quasi sempre mi va bene, altre volte le prendo, ma non mi importa. Sono rispettato e questo mi basta. La mia vita pre-ciccia non esiste più, non la ricordo, è come se non fosse mai esistita. Io sono sempre stato così. In seguito sviluppo una teoria personale secondo la quale non si è grassi solo esteriormente ma che, principalmente, è una forma mentis. Chi è grasso oppure lo è stato o lo sarà, lo è prima di tutto nel suo cervello. E io sono sempre stato un ciccione per forma mentis, anche quando, durante l’adolescenza ero un ragazzo normalissimo che si comportava come se fosse ancora il ragazzino ciccione che all’oratorio si picchiava con tutti.
Ancora oggi che il destino mi ha nuovamente appesantito, fatico a comportarmi civilmente, sbotto con facilità, mi piacerebbe risolvere le questioni con un bel cazzotto in faccia.
Odio quelli che ti picchiano a parole, che ti umiliano senza metterti le mani addosso. Lo trovo sleale, ipocrita, meschino. Credo sia più nobile ferire e rischiare di essere feriti a viso aperto e non nascondendosi dietro la finta civiltà della convivenza in cui, è proprio vero, ne uccide più la penna che la spada.
Insomma, come sarebbe stata la mia vita se la mia forma mentis di ciccione fosse stata diversa? Credo sarei stato meno sensibile, meno portato, malgrado tutto, all’empatia, all’introspezione, all’elucubrazione. Sarei stato più sicuro, deciso, estroverso. E decisamente più bastardo. Su questo non ho dubbi.
Come nel film Sliding doors, che poi riprende un’idea di Krzysztof Kieslowsky, il gioco del “...e se avessi fatto questo invece che quell’altro”, è fin troppo banale, versione raffinata dell’altrettanto famoso “se mia nonna avesse le ruote allora sarebbe una carrozza” (o un tram nella versione più attuale).
È un gioco da salotto buono, divertente quanto inutile. Siamo quello che siamo, questo è tutto.

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