È stato un fine settimana di fuoco in cui L. mi ha gettato nella paranoia più totale attribuendomi problemi di salute dalle terribili, se non letali, conseguenze. Devo ammetterlo, sabato sono uscito con i bambini e, forse per il caldo, forse perché qualche problemino davvero c'è, sono tornato a casa con le mani così gonfie che parevano due zamponi freschi. Sarà il cuore, saranno i reni, sarà ritenzione idrica, sarà quello che sarà. Come diceva il dottor Frederick Frankenstein in Frankenstein Junior?
"...non ho creduto mai al destino, e non lo griderò... bene, va bene hai vinto, hai vinto, mi arrendo, griderò, griderò, il destino, il destino, il destino è quel che è, non c'è scampo più per me..."
Il destino genetico di ognuno di noi è quello che è, poco serve affannarsi per cambiarlo.
Ho smesso di fumare qualche anno fa, sono sovrappeso ma mangio discretamente poco a parte qualche eccezione in cui divento una specie di idrovora, ma accade sempre più raramente, non pratico nessuna attività fisica, questo è vero, però non mi va di trasformarmi in uno di quelli che conducono una vita timorata e finiscono sotto un tram in perfetta salute. Il mio motto è: Non voglio morire, ma voglio anche vivere.
Un po' come il personaggio di Bentivoglio (il Mario di Caserta), in Puerto Escondido, quello che sul pulman aveva un orecchio terribilmente malandato e che, parlando con Diego Abatantuono, diceva:
"Da una parte ci stanno quelli che pensano che si possono cambiare le cose con la volontà, diciamo, e allora gocce, cotone, antibiotici che fanno malissimo... dall'altra parte ci stanno invece quelli che pensano che tutto accade, anche nella malattia, la malattia deve solo fare il suo corso, hai capito? E poi accade, naturalmente, uno guarisce".
"Oppure gli marcisce un orecchio, come nel tuo caso, perché..."
"Ma questo è tutto un altro discorso..."
"E certo, no, tutto un altro discorso..."
"Vuoi che parliamo della morte?"
"No, no, no, grazie, no".
Ecco, io non sono uno di quelli che pensano che è tutto karma, destino, e nemmeno uno di quegli altri che credono che la medicina possa tutto, compreso sconfiggere la morte in cambio di una vita che vita non è. Credo piuttosto che siamo come una mozzarella: ognuno ha una scadenza, la sua scadenza, oltre la quale la vita si trasforma in un calvario di ospedali, medici, interventi, medicine, ricoveri, disperazione e vite rovinate di chi ci sta vicino.
A proposito di calvario, chiamo la scuola di C. per sapere quando inizierà il corso di recupero di matematica. la risposta è stata:
"il 30 giugno dalle 11,15 alle 13,15".
"Bene - rispondo - poi?".
"Poi basta".
"Come basta? Una lezione sola? E cosa può recuperare uno che è stato rimandato?"
"Non è un problema nostro" mi hanno risposto.
È vero, non è un problema loro. È un problema di mio figlio. Se avesse studiato, se non avesse perso i pomeriggi con la chitarra in mano davanti al computer, ora non sarebbe un problema nemmeno nostro. E proprio perché non entra il becco di un quattrino, ora dovremo pure pagare qualcuno che gli faccia un mese di ripetizioni.
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