lunedì 14 giugno 2010

Family Camp

La scuola è finalmente?! finita e nel quartiere regna una strana tranquillità. Ma davvero buona parte del traffico tra le sette e le otto e trenta, era generato dalle innumerevoli mamme e papà che accompagnavano a scuola i loro pargoletti dalle gambe rattrappite? Pare proprio di sì.
Eppure dove sono finiti tutti quei bei propositi che, dai quaderni dei nostri figli, ci esortano alla salvaguardia dell'ambiente, al riciclo, all'uso responsabile dell'auto e alla moderazione dei consumi? Belle parole, ma nei fatti ognuno se ne infischia. Non c'è studente che abita a più di cinquecento metri dal comprensorio che ospita asilo, scuola materna, elementare e media, ma nessuno pare applicare ciò che a parole predica. Nessuno pare disposto a rinunciare alla comodità dell'auto, nemmeno per duecento o trecento metri. Purtroppo è così: non riusciamo a sbarazzarci della simbiosi con un pezzo di ferro, per poi vivere la contraddizione di mandare i figli a corsi di ogni sport possibile e immaginabile quando sarebbe stato sufficiente far loro percorrere a piedi quei cinquecento metri di strada.
Da oggi mi ritrovo a casa con i ragazzi, e devo fare in modo di organizzargli qualche ora della giornata. Sono uno all'antica, mia nonna mi ha sempre ripetuto che "Chi ha tempo non aspetti tempo", e quindi non sopporto vedere gente giovane stravaccata davanti alla televisione per ore e ore.
Credo che organizzerò la giornata in attività piacevolmente obbligatorie. Almeno fino alle quattordici, poi, E. sarà libera di fare passeggiate insieme alla mamma e C. di rimbecillirsi come meglio crede fra chitarra, musica e sogni a occhi aperti.
In mattinata organizzerò una riunione con i ragazzi per capire quali attività entreranno a far parte di questo family camp estivo. Roba educativa naturalmente, come, per esempio, l'ora di lettura, economia domestica (rifare i letti, tenere in ordine la propria stanza), disegno libero e cucina creativa: non penseranno davvero che mi metta a cucinare ogni mezzogiorno per tutti quanti!
In mezzo a tutto questo, spero di trovare il tempo da dedicare alla ricerca del lavoro, a questo inutile blog, ai quadri che prima o poi dovrò finire, ai concorsi fotografici per arrotondare. È incredibile, ma ho più impegni di prima che perdessi questo maledetto lavoro. Allora mi lamentavo per la mancanza di tempo da dedicare ai miei interessi; oggi sono proprio queste innumerevoli occupazioni a rendere le giornate così brevi e insoddisfacenti.
Credo che la differenza stia tutta nel fatto che quando gli interessi non coincidono col lavoro, quando gli stimoli non sono finalizzati a un risultato economico e, contemporaneamente, non sussiste la tranquillità di un reddito, tutto si dilata, assume un senso di inutilità, di indefinitezza, appare come un'inutile perdita di tempo, un cincischiare senza senso. Ogni interesse non viene più visto come il sospirato piacere di dedicarsi a qualcosa di meritatamente inutile, giacché il dovere della sussistenza è stato espletato. Solo allora anche l'attività più insulsa acquista grande valore.
Comunque, questa sera gioca la nazionale e quindi le questioni filosofiche saranno sospese, il cervello si spegnerà per novanta minuti, l'Italia sarà unita alla faccia della lega.

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