È sempre stata una festaiola, per lei qualunque occasione è buona per fare baldoria, in special modo quando si tratta di feste liberatorie, pagane, trasgressive. Una cosa che, non posso negarlo, spesso mi provoca qualche pensiero destabilizzante.
L’anno scorso eravamo tutti malati e quindi halloween è andato a farsi benedire; niente zucca intagliata, niente ragnatele, nemmeno dolcetto o scherzetto dalla nonna, che abita nello stesso pianerottolo.
Quest’anno però doveva essere festeggiato come si deve, tanto più che mi trovo oggettivamente in sintonia col lato funereo della festa.
L’anno scorso eravamo tutti malati e quindi halloween è andato a farsi benedire; niente zucca intagliata, niente ragnatele, nemmeno dolcetto o scherzetto dalla nonna, che abita nello stesso pianerottolo.
Quest’anno però doveva essere festeggiato come si deve, tanto più che mi trovo oggettivamente in sintonia col lato funereo della festa.
Chissà perché il travestimento che mi è riuscito più facile non è stato da assassino, da mostro o da qualcosa di demenziale come un tubetto di dentifricio, ma da barbone. Intendiamoci però, un barbone con tutti i sacri crismi e cioè con i vestiti di una settimana, pieni di macchie di cioccolato, olio eccetera, i capelli sporchi e i pantaloni tenuti su con un bel pezzo di corda. A completare il tutto, un vecchio tascapane comprato a San Michele al Tagliamento quando ero piccolo, con all’interno la mia inseparabile bottiglia di pampero, una sciarpa vinaccia che ha visto tempi migliori, un paio di infradito lerce e puzzolenti e un vecchio berrettino militare dell’ex cecoslovacchia. Un po’ di trucco sotto gli occhi, sulle guance e il naso ha dato quel tocco di couperose che non può mancare.
Il risultato finale è stato scioccante, come se lo specchio fosse una macchina del tempo che mostrava un futuro forse possibile, o forse no, ma di un realismo impressionante. L’ho presa sul ridere, che altro avrei potuto fare?
Durante la cena, mi sono immedesimato in uno di quei barboni che la milano bene ama tanto invitare per una cena a natale o capodanno e che poi fa scomparire sotto il tappeto dell’ipocrisia per il resto dell’anno. Ho ruttato, ho mangiato con le mani, chiesto da fumare e toccato il culo a quella bella signora di mia moglie. In effetti è stato liberatorio, come togliersi la pelle morta dopo una scottatura al mare, la libertà di fregarsene degli altri, di comportarmi come mi pare. Ma è solo uno scherzo, una cosa divertente che ha divertito sia E che C, e anche mia moglie, che si è fatta palpeggiare fingendo imbarazzo. Divertente, ma solo per un giorno all’anno, come si diceva nei film di Alberto Sordi: “così tanto per divertire i piccoli!”.
Almeno spero.
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