lunedì 4 ottobre 2010

Riflessioni

Alcuni commenti, mi spingono a fare qualche riflessione. Un po' come quell'odioso esamino di coscienza a cui mi obbligava il prete a catechismo. Per esempio, di quante persone ho parlato male in questo blog? Tante. E di quante ho parlato bene? Sicuramente meno. Quante meritavano davvero di essere messe alla berlina? Quasi tutte.
Nell’arco di quello che, tra non molto, potrò definire un anno, fra le persone che, ingenuamente, definivo vecchi amici, nessuno mi ha teso una mano, anzi, sono letteralmente scomparsi, come fossi portatore di qualche terribile malattia certamente più contagiosa della lebbra.
In quasi dodici mesi, non una telefonata, una mail, un sms. Un: “Ciao, allora, come va il lavoro? Sei riuscito a trovare qualcosa?”. 
Mi vergogno nel citare un proverbio che sembrava così ovvio e banale, ma è proprio vero che gli amici si vedono nel momento del bisogno, perché io non ne ho visto nemmeno l’ombra. Di cosa dovrebbero avere paura? Che possa chiedere loro dei soldi? Ma se non ho mai chiesto un centesimo a nessuno in vita mia!
Ma in fondo, chi sarei io per pontificare di stronzi e meno stronzi? In effetti nessuno, ma se è vero che ognuno di noi è un’isola, oggi, per quanto mi riguarda, il mondo è costituito da me, la mia famiglia e pochissimi altri, forse nessuno.
Un’altra cosa che mi domando è se questo blog, un giorno mi scoppierà fra le mani. Non credo me ne importerebbe un gran ché. Forse un piccolo errore è stato pensare che, nella mia tana al di fuori della grettezza del mondo, ciò che scrivo rimanga fra me e pochi intimi. Non credo sia così. Per quanti sforzi abbia fatto per diffondere il mio pensiero, probabilmente gli unici che se ne sono accorti sono stati solo i diretti interessati. Forse solo i cosiddetti amici che ho spietatamente preso per il culo.
E forse nemmeno loro. Mi viene in mente che questa non è altro che l’ennesima scusa per evitare la nuda realtà. Non esistono amici, soprattutto in situazioni come la mia.
E allora ben venga questa catastrofe: una di quelle svolte che cambiano una persona, una delle tante pietre angolari della nostra vita. Questa volta però non ero così sicuro di voler cambiare ancora, di rimanere segnato dalla rabbia, dal disinteresse altrui, dal disincanto verso rapporti che credevo più profondi e che invece si sono rivelati gretti ed egoisti.
Ma forse è proprio questo il lato positivo del cambiamento: eliminare la schiuma dalla birra, gli orpelli inutili, il superfluo indispensabile. E questa volta credo di aver imparato la lezione.

5 commenti:

  1. Anche io sono rimasto stupito e amareggiato dal comportamento degli amici: potrei riscrivere quello che ha scritto parola per parola. E anc he io mi sono ritrovato, con un po' di imbarazzo, a ripetermi quella frase vecchia e banale "gli amici si riconoscono nel momento del bisogno". Devo anche dire che una mano me l'hanno data persone che fino a quel giorno consideravo lontane se non addirittura degli idioti calzati e vestiti. Forse l'hanno fatto proprio perché, non essendo amici, non temevano di sentirsi chiedere soldi in prestito (o, nel caso, avrebbero potuto rifiutarmeli senza remore). E i miei amici, su cui, quando non ne avevo bisogno, pensavo di poter contare, non sono tutti poveracci, ma persone ricche e affermate a cui non sarebbe costato veramente nulla aiutarmi. Figuriamoci dare un colpo di telefono per sapere come va... La solitudine del disoccupato... Morale: non me ne viene in mente nessuna, anzi, l'unica che mi sento di ribadire è "gli amici si riconoscono eccetera eccetera".

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  2. Allora non sono io il matto paranoico! L'impressione che essere disoccupato allontanasse le persone, l'ho avuta da subito, ma credevo che lo shock di aver perso il lavoro mi facesse sragionare su cose che in realtà non esistevano.
    Mi consola che invece sia una sensazione che hai provato anche tu.
    Credo sia molto simile all'atteggiamento che spesso si ha verso le persone gravemente malate: tutti dicono che se potessero smuoverebbero i diavoli dell'inferno per aiutarli, ma la verità è che se ne stanno il più lontano possibile, come se potessero ammalarsi di cancro attraverso la semplice vicinanza fisica.
    Manca solo che ci mettiamo i campanelli, come i lebbrosi, anche se ho l'impressione che quando passeggio per strada, gli altri sentano già la puzza di disoccupato...

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  3. Quando hai detto che bisogna eliminare la schiuma dalla birra, mi è venuto in mente questo brano tratto dal libro "Tre uomini in barca" di J.K. Jeorome. Pensa un po': un libro comico da ragazzi (almeno un libro che leggevo io quando ero ragazzo), con più d'una perla di saggezza!
    A me serve ancora, forse...

    dal III capitolo

    [...] George disse: "Siamo assolutamente sulla strada sbagliata. Non dobbiamo pensare alle cose che ci possono servire, ma soltanto a quelle di cui non possiamo fare a meno"

    George, qualche volta, se ne viene fuori con delle uscite assai assennate. Non lo si crederebbe. Per conto mio, si tratta di saggezza bell'e buona, non solo rispetto al caso in questione, ma anche, in generale, riferendola al nostro viaggio su per il fiume della vita.

    Quanti, per questo viaggio, non sopraccaricano la barca, al punto di metterla sempre in pericolo di riempirsi d'acqua, con tutto un approvvigionamento di cose sciocche, che a loro sembrano indispensabili per viaggiare piacevolmente e comodamente, ma che in realtà  sono solo cianfrusaglia inutile. Come caricano il loro povero guscio di noce d'un mucchio, alto fino in testa d'albero, di bei vestiti e di grandi case, di servitorame superfluo e d'una schiera d'amici boriosi ai quali non importa un fico secco di loro, e dei quali a loro non importa neanche mezzo fico secco; di costosi divertimenti che non divertono nessuno e (cianfrusaglia più assurda e pesante di tutte) della paura di ciò che il prossimo potrà  pensare, di lussi che stuccano, di piaceri che seccano, di vuota esibizione che, simile alla corona di ferro che si infliggeva un tempo ai criminali, fa sanguinare e vacillare la testa che la porta.
    Cianfrusaglia, amico!
    Tutta cianfrusaglia!
    Buttala nel fiume.
    Rende la barca così pesante, ai fini della voga, da farti quasi venir meno ai remi. La rende, ai fini del timone, così pericolosa e poco maneggevole, da non lasciarti mai un solo minuto libero da preoccupazione e ansia, da non concederti mai un minuto di pigra fantasticheria, nè il tempo per incantarti a guardare le ombre che guizzano leggere sui bassifondi, gli sfolgoranti raggi del sole che appaiono e scompaiono tra increspature, nè i grandi alberi della riva che
    guardano già il proprio riflesso, o i boschi tutti verdi e dorati, o le ninfee bianche e gialle, e gli ondeggianti oscuri giunchi, o gli azzurri non-ti-scordar-di-me.
    Getta la cianfrusaglia a fiume, amico! Fa' che la barca della tua vita sia leggera, carica solo del necessario. una casa accogliente e piaceri semplici, un amico o due, degni di questo nome, qualcuno che ti ami e qualcuno che tu ami, un gatto, un cane e un paio di pipe, abbastanza da mangiare, abbastanza per vestire, e un pochino più del sufficiente di roba da
    bere; perchè la sete è una cosa pericolosa.
    Vedrai che troverai più facile vogare nella tua barca ed essa non correrà  tanto pericolo di rovesciarsi, e se poi si rovescia poco male; poche merci e buone, resistono all'acqua. [...]

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  4. Grazie Zaccheo. È un libro che anch’io ho letto molto tempo fa, ma non ricordavo questo passaggio. Veramente ho difficoltà a ricordare anche i libri che ho letto da qualche settimana, ma non importa.
    Che dire, mi pare che coincida con quello che mi sono sempre prefissato nella vita. Magari qualche volta ho ceduto anche al superfluo, ma col passo sempre commisurato alla gamba.
    Peccato che oggi, e non solo per quanto mi riguarda, è diventato difficile, se non impossibile, vivere in questo modo semplice, senza troppe pretese inutili.
    Diventa facile quindi, e questa è la mia paura più grande, cadere dalla dolce leggerezza di J. K. Jerome, al pessimismo più nero dei Miserabili di Hugo.

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  5. Ma, secondo me è una cosa più semplice, più crudele, più grossolana: hanno davvero paura che gli chiedi dei soldi. Al malato si sta lontano perché fa paura. Al disoccupato perché prima o poi rompe i coglioni. Comunque, no, non è lei il matto: io ho perso il lavoro ben due volte, la prima è stata davvero scioccante, che me la sogno di notte ancora adesso... La seconda no, quasi divertente (soprattutto perché avevo ottenuto una certa sicurezza economica).

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