martedì 16 marzo 2010

No, tu no!

Credo che perdere il lavoro sia davvero il modo migliore per veder colare a picco la stima in sé stessi. Non succede subito, all'inizio si prova quasi una specie di euforia, un po' come la prima boccata d'aria pura quando si esce da Milano. Un senso di stordimento e incredulità. Poi si pensa: "Beh, non è la prima volta che affronto un periodo di crisi, e ogni volta che ho perso un cliente, ne ho trovati di migliori". Così cominci a chiedere qua e là, fra le conoscenze accumulate in anni di carriera, e ti accorgi che la fiducia che riponevi in tante persone, probabilmente era solo un'impressione sbagliata. Chi non si fa trovare, chi non risponde alle mail o alle telefonate (maledetto chi ha inventato l'identificativo del chiamante), e chi ti fa capire che sei pure un po' scocciante. "Pazienza - ti rispondi - vorrà dire che farò come ho sempre fatto: conterò solo sulle mie forze, la mia esperienza e la mia creatività". Ma questa volta non bastano, perché c'è in giro un mare di gente che si svende per due spiccioli e capisci che ai clienti quello che importa davvero è risparmiare e, se possibile, non pagare.
"Il mercato è cambiato", ti dice il solito saputone, e forse ha ragione. Ma cambiato come? Come è possibile competere con i cinesi del graphic design? Con la qualità, mi sono sempre detto. Poi ti accorgi che, a volte, i cinesi fanno anche lavori di qualità, alla metà se non un terzo di quanto hai sempre chiesto tu.
Reinventarsi, questa è la parola d'ordine, quando solo qualche anno fa era invece "flessibilità". Ma che vai cercando? Un posto fisso? Ma tu sei pazzo! Oggi conta la poliedricità, la creatività, essere dinamici, veloci, economici, questo è il segreto. A me invece sembra che sia sempre il solito modo per fregarti. Volevate la flessibilità? Io sono diventato flessibile. Volevate velocità e poliedricità? Lo sono diventato. Volevate che lavorassi sottocosto? Ho fatto anche quello. E adesso, cosa volete? il culo?
Sembra di stare in una di quelle feste dove tutti si divertono e tutti sembrano conoscersi, ma nessuno ti caga. La cricca di Bertolaso si spartiva affari da milioni di euro, favori, aiuti agli amici e agli amici degli amici, e tu non riesci a raccattare nemmeno un lavoro da duecento euro.
Leggi i giornali e quella banda di intellettuali profumatamente pagati e col posto fisso, pontifica di lavoro, disoccupazione, crisi economica. Poi, svolto il loro bel compitino, se ne tornano nei loft e nelle mansarde del centro, con il filippino che fa le pulizie, la tata che accudisce i bambini e magari anche la cuoca che prepara da mangiare. Gli interessi solo se ti presti a fare da caso pietoso, sputtanandoti vita natural durante.
Mi sento come un ammalato quando fuori c'è il sole, mentre sente i bambini giocare e divertirsi, e il mondo che gira lo stesso, anche se sei momentaneamente fuori campo.
Ti dici: "No, così non vale! Voglio risalire anch'io sulla grande giostra", ma come nella canzone di Jannacci, tutti ti rispondono: "No, tu no!".

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