Dunque non si tratterebbe d’altro che di responsabilità sociale d’impresa che, tra l’altro, suona come un ossimoro.
Per una vita ho impaginato articoli su gente che parla così: “Ricordo la prima campagna online di ... , con un click through pari al 90%. Per quanto riguarda il display advertising, esistono ricerche che enfatizzano la crescita della brand awareness a seguito di una campagna online, così come ne esistono altre che evidenziano i successi del performance based digital marketing”. Oppure: “... un’iniziativa ancora in essere, di buzz marketing per ..., la settimana di concerti, cultura e food (perché non cibo?) italiano. Ne è scaturita una campagna di seeding e buzzing, online e offline...”. E anche: “... promoter brandizzati che si muovevano a bordo di segway offrendo trial di prodotto...”. Triste vero?
Ma tornando alla responsabilità d’impresa, la cosa buffa è che le aziende intervenute sono quanto di meno responsabile si possa immaginare.
La prima è AstraZeneca che, attraverso le parole del corporate & internal communication manager (sic), dice: “AstraZeneca, attraverso lo sviluppo di farmaci innovativi, vuole migliorare la salute e la qualità della vita delle persone...”. Probabilmente sarà anche così.
La seconda azienda è BAT, British American Tobacco. Ecco come si autodefiniscono: British American Tobacco, con la sua forte connotazione di azienda dai fondamenti italiani ma dal respiro internazionale, ha assunto un ruolo di grande valore strategico per il sistema economico nazionale collocandosi al secondo posto tra gli operatori del settore in Italia, il secondo mercato più importante d’Europa, una presenza di oltre 30 marchi internazionali (tra cui Lucky Strike, Pall Mall, Rothmans, Kent, Vogue e Dunhill) e nazionali (tra cui MS). Ecco cosa dice l’head of corporate communication and reputation: “Per un’azienda operante nel settore del tabacco come la nostra, investire in politiche di CSR costituisce un presupposto fondamentale non solo per la sostenibilità del business ma anche per operare insieme ai nostri stakeholder su una piattaforma di valori condivisi. [...] Altri ambiti non meno importanti in cui si manifesta l’impegno di BAT Italia in tema di CSR sono la prevenzione del fumo minorile, i programmi relativi alla salvaguardia dell’ambiente, alla salute e alla sicurezza sul lavoro, nonché specifici progetti riguardanti i dipendenti”. Sono quasi commosso. Ma il fumo non faceva venire il cancro?
Ecco la terza azienda, niente meno che Chiquita. Il direttore marketing racconta: “La responsabilità d’impresa è per definizione un processo interdisciplinare, ma per un’azienda con le nostre caratteristiche l’uomo e l’ambiente sono le priorità. Ci siamo quindi concentrati sul benessere dei lavoratori e sulla tutela ambientale”. Sul sito di Peace Reporter sembrano pensarla diversamente: infatti è riportata la notizia secondo la quale: “La Colombia ha chiesto l’estradizione dei vertici di Chiquita, accusata di aver pagato squadre di paramilitari colpevoli di 11mila omicidi”. Questo è il link: http://it.peacereporter.net/articolo/19456/Chiquita+Connection.
Proseguendo la carrellata ecco Coca-Cola. Il direttore affari generali riferisce: “Tra le iniziative per la riduzione degli impatti ambientali, Coca-Cola si è focalizzata nella riduzione dei consumi idrici, ottenendo nel 2008 la riduzione del 22% dei consumi rispetto al 2007”. Sulla Coca-Cola ne sono state dette così tante che non mi sembra il caso di aggiungere anche il mio insignificante parere.
Altra azienda presente è Lottomatica, il cui direttore european relations & public affairs ci tranquillizza: “Abbiamo scelto di impegnarci su tre diversi fronti: il gioco responsabile, il cui programma abbraccia concretamente diverse aree e ci permette di offrire un ambiente di gioco volto a proteggere il giocatore sia dall’illegalità che da comportamenti eccessivi; il bilancio sociale, il cui target è rappresentato da tutti gli stakeholder coinvolti, direttamente o indirettamente, nelle attività di Lottomatica; infine le numerose iniziative in ambito good causes: sponsorizzazioni che riguardano l’arte, la cultura, lo sport, azioni di aiuto e di raccolta fondi, attraverso le quali ridistribuiamo alla comunità parte del valore aggiunto creato dall’azienda”. Insomma, un benefattore. Peccato per le vecchiette che si giocano la pensione. Si vede che non sono abbastanza responsabili.
Che dire, forse che la prima gallina che canta ha fatto l’uovo, o che il lupo si è travestito da agnello, o che forse il mondo è quello che è, una fiera dell’ipocrisia in cui chi inquina, non rispetta i diritti umani, produce veleni, ci fa ingurgitare farmaci inutili e vende sigarette, si riempie la bocca di impegno sociale, protezione del consumatore, dell’ambiente e della salute.
Allego un minivocabolario teste di cazzo-italiano per chi, povero ignorante, non comprende ancora parole inglesi ormai entrate nel lessico comune.
Search. Attività atte a generare traffico verso un sito internet.
Advertising. Pubblicità.
Display. Spazi a pagamento all’interno dei siti.
Performance based digital marketing. Marketing digitale basato sulla prestazione.
Trend. Tendenza.
Click through. L’azione di un cliente che, all’interno di un sito internet, clicca su un messaggio pubblicitario e viene indirizzato al sito inserzionista.
Brand awareness. Notorietà, conoscenza della marca.
Seeding. Semina, condivisione fra utenti.
Buzzing. Ronzio, passaparola.
Promoter. Agente, organizzatore.
Brandizzato. Agghiacciante neologismo che sta per “personalizzato con il logo dell’azienda”.
Trial. Prova, campione, assaggio.
Stakeholder. Clienti, fornitori, finanziatori, collaboratori o anche residenti in aree limitrofe all’azienda.
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