Non avendo altro da fare che dilapidare gli ultimi risparmi in attesa di un qualunque lavoro, mi dedico ad approfondire software, scrivere blog, produrre cose che mi illudo abbiano la parvenza di qualcosa di artistico e scansire vecchi negativi e diapositive per non passare da uno che non sa cosa sia il digital lifestyle.
Così riscopro molte immagini di una vita passata che avevo dimenticato, non solo a causa del trascorrere degli anni, ma anche per il fatto che non potevo stampare tutto ciò che fotografavo e, quindi, ero costretto a una scelta che oggi appare così drastica.
Rinasce così a nuova vita un ritratto di me ragazzo in cui sono tale e quale a C., oppure due immagini di mia madre, le uniche che abbia mai visto in cui la fotografia diventa veramente lo specchio dell’anima.
Con la macchina fotografica di solito me la cavavo piuttosto bene, ma mia madre è sempre stato un soggetto quanto mai difficile e sfuggente. Sempre sul palcoscenico, sempre atteggiata in gesti ed espressioni che lei riteneva scenografici, il sorriso di circostanza, il lato migliore, l’inclinazione della testa, lo sguardo languido. Tutti atteggiamenti appunto. Pose che la rendevano sfuggente, sgusciante, innaturale e falsa. Chissà come sono riuscito a fare questi due scatti riemersi dalle nebbie di un tempo in cui i pensieri erano più leggeri, meno funerei. E poi, non so nemmeno perché stia qui a perdere tempo per raccontare queste cose.
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