Ma sono sopravvissuto anche a questo. Posso dirlo con l’orgoglio di un veterano che, da quindici anni, combatte contro il sonno, la bulimia, i costumi da babbo natale di carta-stoffa, le barbe finte che prudono in modo insopportabile, i giochi da montare, i biscotti da mangiare, le tazze di latte da bere, gli ho, ho, ho controvoglia. Meriterei almeno tre stellette e un lungo congedo illimitato conquistato duramente a suon di vigilie con i suoceri e natali con i miei e viceversa.
Non mi sono mai tirato indietro; ho giocato sfiancanti partite all’ultimo sangue di mercante in fiera, tra mio cognato che vuole vincere la posta a tutti i costi per rientrare dei soldi della benzina consumata per raggiungere i suoceri, o del panettone che, suo malgrado, ha dovuto portare, e mio genero che affronta qualsiasi gioco di carte come un texas hold’em da due milioni di dollari.
Sono sopravvissuto, non senza conseguenze, ai pranzi di mia suocera e, in particolare, ai suoi famigerati “ravioli fatti a mano” che parevano fatti di malta bastarda e ripieni di nervetti. Ho ingollato brodi color arancione che parevano umori di cadaveri umani, mi sono rotto i denti con torroni di cemento bianco, ho sopportato gli infiniti capricci di nipoti antipatici e ululanti come sirene da nebbia.
Solo la morte di mio padre prima, e mia suocera poi, pace all’anima loro, ha interrotto questa giostra perversa, questo girone dei dannati del natale che non riuscivo a far diventare mio, della mia famiglia.
Oggi lo vivo con maggiore tranquillità, ma sempre con la palla al piede di una madre che devo invitare malgrado tutto e che sembra faccia apposta a farmi impazzire per dodici ore di seguito. È affetta dai normali acciacchi dell’età, ma in condizioni di salute generali più che buone, eppure, come una ragazzina viziata, vuole sempre essere al centro dell’attenzione. Quindi, come e peggio di una principessa sul pisello attempata e patetica, dice che la bella sedia in legno anatomica e con braccioli che le ho riservato non va bene, “mi fa tirare tutto il nervo della gamba”, quelle imbottite stile diner americano della cucina, andavano bene fino all’anno scorso: “sono le uniche sedie dove mi sento davvero comoda”, ma quest’anno non più. Chissà per quale motivo le procurano mal di schiena. Ho provato con la sedia rossa del mio studio ma non andava bene nemmeno quella, allora, come ultima speranza, le ho fatto provare quella che uso per lavorare al computer: una mediocre sedia dell’ikea, una di quelle con il pistone a gas che le fa salire e scendere. Pare che per quest’anno sia di suo gradimento, a differenza del divano che, a suo dire, ha la seduta troppo profonda e le dà fastidio alle gambe.
Risolto il problema della sedia, ecco che cominciano quelli legati al pranzo natalizio. Per non disturbarla troppo (ma una volta non erano le nonne che amavano esibire la loro abilità culinaria proprio in queste occasioni?), mia moglie le ha chiesto di cucinare solo il brodo per i ravioli. Una preparazione che ha richiesto almeno una settimana di studi, esperimenti, piani strategici su quale potesse essere il negozio migliore per comprare la carne e, soprattutto, di quali animali. Gallina vecchia fa buon brodo, questo lo sanno anche i muri, ma però, secondo me, puzza di morto. Avrei preferito il pollo ma, a detta di mia madre, la gallina è meno grassa!? E allora mettici la gallina. Poi è subentrato il conciliabolo se mettere subito tutte le carni a bollire, oppure buttarle in pentola secondo il loro tempo di cottura. A questo punto, mia moglie che stava per impazzire, le ha detto di cucinarlo come voleva, male che vada, possiamo sempre condire i ravioli con olio e grana, o la passata di pomodoro. Sono d’accordo con lei, la salute mentale è più importante di un piatto di ravioli in brodo.
Altra prova che ci tocca superare ogni anno è quella sulla qualità del cibo. A caval donato non si guarda in bocca, ma mia madre non riesce a fare a meno di criticare qualunque cosa, anche la più raffinata prelibatezza nasconde immancabilmente qualche difetto. Quindi: gli antipasti erano salati, il formaggio acquistato nelle marche questa estate, che ho ribattezzato “ciao sono io” per la pungente personalità del suo profumo simile all’odore di piedi di un maratoneta, era naturalmente troppo nauseante per il suo fine odorato, i ravioli artigianali del plin, “abbastanza buoni”, il polpettone un po’ troppo asciutto, e poi non ci vanno mica i wurstel, dimenticando che abbiamo impostato il pranzo in modo che potesse essere a misura anche dai nostri figli.
Pare aver apprezzato solo una specie di panettone artigianale siciliano che ci ha regalato la madre di un compagno di scuola di E. Ma ho il sospetto che l’abbia gradito solo perché era l’unica cosa non comprata o cucinata da noi.
Ma questo è ancora sopportabile per chi la conosce. La vera tortura comincia con i giochi da tavolo. Naturalmente lei odia e disprezza la tombola o mercante in fiera perché li giudica “giochi d’azzardo” che diseducano i ragazzi al valore dei soldi. Abbiamo ripiegato sul Monopoli, un classico dalle regole semplici e il divertimento assicurato. Ma non per noi. Mia madre non compra nessuna proprietà, non le scambia e non le vende. Ci si attacca come se fosse una questione di vita o di morte e, prima di pagare l'affitto a un altro giocatore, vuole vedere e rivedere il valore dei terreni e degli immobili. Malfidente e taccagna si separa dai soldi finti del monopoli come fossero fruscianti biglietti appena usciti dalla zecca italiana con i quali fare la spesa. Non rispetta mai il suo turno e continua a confondere gli altri giocatori tirando e ritirando i dadi e spostandosi utilizzando i segnaposti degli altri. Continua a propinare consigli sul risparmio e la morigeratezza, dimenticando che vince chi è più spregiudicato e senza scrupoli. Non costruisce mai case sulle sue proprietà perché “costano troppo”, ogni volta che passa per il via si meraviglia che la paghino chiedendo: “ma non è che ci devi capitare esattamente sopra? Basta anche che ci passi solamente?”. Che è una domanda perfettamente lecita, ma ripetuta ad ogni giro del tabellone, può anche portare alla pazzia.
Ma, per fortuna, anche questo natale è passato.
Sono sopravvissuto, non senza conseguenze, ai pranzi di mia suocera e, in particolare, ai suoi famigerati “ravioli fatti a mano” che parevano fatti di malta bastarda e ripieni di nervetti. Ho ingollato brodi color arancione che parevano umori di cadaveri umani, mi sono rotto i denti con torroni di cemento bianco, ho sopportato gli infiniti capricci di nipoti antipatici e ululanti come sirene da nebbia.
Solo la morte di mio padre prima, e mia suocera poi, pace all’anima loro, ha interrotto questa giostra perversa, questo girone dei dannati del natale che non riuscivo a far diventare mio, della mia famiglia.
Oggi lo vivo con maggiore tranquillità, ma sempre con la palla al piede di una madre che devo invitare malgrado tutto e che sembra faccia apposta a farmi impazzire per dodici ore di seguito. È affetta dai normali acciacchi dell’età, ma in condizioni di salute generali più che buone, eppure, come una ragazzina viziata, vuole sempre essere al centro dell’attenzione. Quindi, come e peggio di una principessa sul pisello attempata e patetica, dice che la bella sedia in legno anatomica e con braccioli che le ho riservato non va bene, “mi fa tirare tutto il nervo della gamba”, quelle imbottite stile diner americano della cucina, andavano bene fino all’anno scorso: “sono le uniche sedie dove mi sento davvero comoda”, ma quest’anno non più. Chissà per quale motivo le procurano mal di schiena. Ho provato con la sedia rossa del mio studio ma non andava bene nemmeno quella, allora, come ultima speranza, le ho fatto provare quella che uso per lavorare al computer: una mediocre sedia dell’ikea, una di quelle con il pistone a gas che le fa salire e scendere. Pare che per quest’anno sia di suo gradimento, a differenza del divano che, a suo dire, ha la seduta troppo profonda e le dà fastidio alle gambe.
Risolto il problema della sedia, ecco che cominciano quelli legati al pranzo natalizio. Per non disturbarla troppo (ma una volta non erano le nonne che amavano esibire la loro abilità culinaria proprio in queste occasioni?), mia moglie le ha chiesto di cucinare solo il brodo per i ravioli. Una preparazione che ha richiesto almeno una settimana di studi, esperimenti, piani strategici su quale potesse essere il negozio migliore per comprare la carne e, soprattutto, di quali animali. Gallina vecchia fa buon brodo, questo lo sanno anche i muri, ma però, secondo me, puzza di morto. Avrei preferito il pollo ma, a detta di mia madre, la gallina è meno grassa!? E allora mettici la gallina. Poi è subentrato il conciliabolo se mettere subito tutte le carni a bollire, oppure buttarle in pentola secondo il loro tempo di cottura. A questo punto, mia moglie che stava per impazzire, le ha detto di cucinarlo come voleva, male che vada, possiamo sempre condire i ravioli con olio e grana, o la passata di pomodoro. Sono d’accordo con lei, la salute mentale è più importante di un piatto di ravioli in brodo.
Altra prova che ci tocca superare ogni anno è quella sulla qualità del cibo. A caval donato non si guarda in bocca, ma mia madre non riesce a fare a meno di criticare qualunque cosa, anche la più raffinata prelibatezza nasconde immancabilmente qualche difetto. Quindi: gli antipasti erano salati, il formaggio acquistato nelle marche questa estate, che ho ribattezzato “ciao sono io” per la pungente personalità del suo profumo simile all’odore di piedi di un maratoneta, era naturalmente troppo nauseante per il suo fine odorato, i ravioli artigianali del plin, “abbastanza buoni”, il polpettone un po’ troppo asciutto, e poi non ci vanno mica i wurstel, dimenticando che abbiamo impostato il pranzo in modo che potesse essere a misura anche dai nostri figli.
Pare aver apprezzato solo una specie di panettone artigianale siciliano che ci ha regalato la madre di un compagno di scuola di E. Ma ho il sospetto che l’abbia gradito solo perché era l’unica cosa non comprata o cucinata da noi.
Ma questo è ancora sopportabile per chi la conosce. La vera tortura comincia con i giochi da tavolo. Naturalmente lei odia e disprezza la tombola o mercante in fiera perché li giudica “giochi d’azzardo” che diseducano i ragazzi al valore dei soldi. Abbiamo ripiegato sul Monopoli, un classico dalle regole semplici e il divertimento assicurato. Ma non per noi. Mia madre non compra nessuna proprietà, non le scambia e non le vende. Ci si attacca come se fosse una questione di vita o di morte e, prima di pagare l'affitto a un altro giocatore, vuole vedere e rivedere il valore dei terreni e degli immobili. Malfidente e taccagna si separa dai soldi finti del monopoli come fossero fruscianti biglietti appena usciti dalla zecca italiana con i quali fare la spesa. Non rispetta mai il suo turno e continua a confondere gli altri giocatori tirando e ritirando i dadi e spostandosi utilizzando i segnaposti degli altri. Continua a propinare consigli sul risparmio e la morigeratezza, dimenticando che vince chi è più spregiudicato e senza scrupoli. Non costruisce mai case sulle sue proprietà perché “costano troppo”, ogni volta che passa per il via si meraviglia che la paghino chiedendo: “ma non è che ci devi capitare esattamente sopra? Basta anche che ci passi solamente?”. Che è una domanda perfettamente lecita, ma ripetuta ad ogni giro del tabellone, può anche portare alla pazzia.
Ma, per fortuna, anche questo natale è passato.
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