lunedì 29 ottobre 2007
Odio il mio lavoro
No, non è vero che odio il mio lavoro. In realtà lo amo profondamente perché è creativo, perché ogni nuovo progetto che affronto mi dà ancora quell'eccitazione, quella voglia di fare qualcosa di bello, quella soddisfazione di aver realizzato un lavoro ben fatto. In fondo, con l'esperienza accumulata in questi anni, credo di essere diventato piuttosto bravo. Non mi assalgono più le ansie da prestazione dei primi tempi e, se qualche volta la creatività non ne vuol sapere di intervenire, ci pensa il mestiere a risolvere la situazione. Quindi tutto rose e fiori vero? No, putroppo come ogni medaglia ha il suo rovescio, anche questo lavoro ha i suoi difetti. Difetti che posso sintetizzare in due parole: committenza e remunerazione. Troppo spesso devo combattere contro un'arroganza e una supponenza che non sono sostenute da reale conoscenza. Perché siamo italiani e, in quanto tali, tutti allenatori della nazionale. Non vogliamo concepire che imparare un lavoro richiede tempo, fatica e sacrifici. Per esempio, se si rompe la braga del water, chiamerò l'idraulico, come chiamerò l'elettricista se devo installare una presa a terra. Ma quando si tratta di essere creativi allora è tutto un altro discorso: ognuno ha il suo parere, il suo suggerimento, la sua idea geniale che, immancabilmente, o è irrealizzabile oppure di creativo ha davvero ben poco. Non parliamo poi di quanto sia difficile farsi pagare decentemente per qualcosa che viene giudicato così aleatorio e intangibile. Insomma: Ofelè fa el to mestè che, per chi non lo sapesse, significa: Pasticcere fai il tuo mestiere.
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